La narrativa psicologica come strumento di approfondimento
Tempo fa, fui contattata da un paziente nuovo.
All’epoca, mi occupavo in prevalenza di psicoterapia infantile e di consulenze per la terza età.
La persona che mi contattò era un adulto e aveva un problema recente che si era imposto con urgenza: inaspettatamente, aveva manifestato un attacco di panico, e mi chiedeva aiuto.
La ricerca: capire il paziente attraverso la narrativa psicologica
Dopo il primo colloquio con questa persona, ricordo di essermi fermata in studio (avevo dato al paziente l’ultimo appuntamento disponibile in quella giornata), perché avevo necessità di ripensare a quanto ci eravamo detti.
Era stato un buon colloquio, il paziente era collaborativo, desideroso di essere aiutato. E mi aveva detto chiaramente che voleva fossi io ad aiutarlo: in gergo, aveva manifestato un pre-transfert positivo, requisito importante per poter avviare una psicoterapia.
Io, però, ero perplessa: perché, prima di allora, non avevo mai seguito un paziente adulto per un quadro caratterizzato da attacchi di panico.
Ricordo di avere consultato il mio manuale di psicopatologia per rinfrescarmi la memoria sulle manifestazioni cliniche e sulle indicazioni terapeutiche. Ero in dubbio: potevo seguire io quel paziente? Oppure, non essendomi mai occupata di quel genere di disturbi, avrei dovuto indirizzarlo ad una collega?
Il giorno dopo (era sabato) andai in libreria, e come sempre diedi un’occhiata alle ultime novità del settore narrativa.
E, lì, il libro mi aspettava.
Una copertina eloquente, e quel titolo: Panico quotidiano (di Christian Frascella, Einaudi 2013). Una veloce occhiata alla terza di copertina, e il libro diventò mio.
Panico quotidiano: quando il romanzo psicologico accompagna la terapia
Nei giorni successivi lessi quel romanzo.
Il protagonista è un ragazzo che fa l’operaio in una fabbrica dove si stampano lamiere. Sta facendo il turno di notte, sono le quattro del mattino e sta per andare in pausa. I gesti abituali, ripetitivi. Gli sguardi e gli ammiccamenti con i colleghi di lavoro di sempre. E poi, all’improvviso, il terrore.
“Poi ho sentito piovermi in testa la paura. Proprio così. Dal nulla. Come se l’orrore gocciolasse sulla mia dura madre, fra i capelli.
Un freddo, un brivido lunghissimo ma dentro. Non fuori, dentro, dappertutto dentro di me. Glaciale. Poi di colpo caldissimo”.
Il ragazzo si sente male, non capisce che cosa gli stia succedendo, ha paura di morire. La sua percezione della realtà esterna, in quel momento, è alterata. Oggetti e persone intorno a lui gli appaiono diversi dal solito.
“Ma io li vedevo e non li vedevo. Cioè: li vedevo, sapevo che c’erano, sapevo dove mi trovavo, sapevo chi stava alla prima macchina e chi alla terza.
Sapere, sapevo. Ma tenerlo presente durante quell’implosione era pressoché impossibile”.
I colleghi intorno a lui, le prime indagini. Il desiderio di riprendersi e l’impossibilità di farlo. La seconda crisi, il trasporto in ambulanza. I primi incontri con i farmaci, con infermieri e medici.
Le reazioni della sua fidanzata Lucia, degli amici. Il desiderio di “nascondere tutto sotto il tappeto”, e di pensare che la diagnosi è sbagliata, non può essere vero, questa cosa non può capitare a lui. Perchè sta capitando a lui?
Dalla profondità del romanzo psicologico alla terapia
Il protagonista si chiama Christian. Il romanzo parte da un episodio autobiografico (Christian Frascella ha dichiarato di aver manifestato un episodio di attacco di panico nel 2001, quando ancora lavorava come operaio presso una fabbrica). È un testo molto coinvolgente, ricordo che lo terminai in pochi giorni.
Il venerdì successivo, quando rividi il paziente (mi ero accordata con lui per un nuovo appuntamento di valutazione) ero più orientata: non sapevo tutto sulla patologia, ma sentivo che quel testo mi aveva decisamente aiutata: sapevo come si manifesta l’attacco, quali sono le sensazioni fisiche che lo accompagnano, come cambi in quei momenti la percezione della realtà, quali siano i pensieri che lo accompagnano.
Quale tipo di atteggiamento medico aiuta la persona, e quale no. Quali reazioni la patologia scateni nei familiari, negli amici, nei conoscenti. Certo, queste cose potevo leggerle sul mio manuale o su altri testi scientifici che avevo consultato.
Ma fu leggere un racconto, una narrazione che mi fece capire come si sente una persona in queste situazioni, e che cosa potevo fare io per aiutare il mio paziente.
Dopo il secondo colloquio di valutazione, fatta una serie di verifiche, comunicai al paziente che lo avrei preso in carico, ed iniziai con lui una psicoterapia. Che diede buoni risultati.
La narrativa psicologica, un supporto per psicologi e psicoterapeuti
Spesso gli psicologi e gli psicoterapeuti si trovano in situazioni simili a quella che vi ho descritto: ricevono richieste riguardo a problematiche che non hanno mai trattato, o per fasce d’età di cui non hanno esperienza. È piuttosto normale, non possiamo essere esperti in tutto.
Fortunatamente, però, oltre ai corsi di formazione e di aggiornamento e alle pubblicazioni scientifiche, oltre alle supervisioni con esperti, i miei colleghi e io abbiamo un altro strumento per prepararci a lavorare in determinate aree, con certi pazienti o in presenza di determinate manifestazioni cliniche di cui non abbiamo ancora avuto esperienza.
Possiamo rivolgerci alla letteratura, alla narrativa.
Ovviamente, senza ingannare noi stessi e i nostri pazienti: ogni giorno vengono pubblicati moltissimi libri, ma non tutte le narrative ci nutrono e fanno al caso nostro. Perché ci possano essere utili, è necessario “scovare” quali testi siano attendibili in ciò che descrivono, autentici rispetto alla tematica di cui trattano e coerenti al loro interno: libri come “Panico quotidiano”, per la nostra categoria sono veramente preziosi.
Per questo ho pensato di prepararne un elenco.
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