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La realtà è un ostacolo per l’immaginazione?

Una lettura del romanzo Lo stadio di Wimbledon di Daniele del Giudice

 

 

Leggere un romanzo per seguire un filo

Lo stadio di Wimbledon è il romanzo d’esordio di Daniele del Giudice, ed è stato pubblicato nel 1983.

Se ve ne parlo è per rintracciare fra le righe di questo romanzo la documentazione di un percorso nella scrittura narrativa, un percorso fra realtà e immaginazione.

 

La trama

In questo testo si racconta di quotidiani viaggi verso Trieste, in esplorazione di un personaggio realmente esistito (Roberto Bazlen, detto “Bobi”), che mai viene nominato dallo scrittore. Del Giudice immagina un percorso di ricerca delle sue tracce nella città dove è nato e cresciuto, e dove ancora vivono persone che l’hanno conosciuto. L’io narrante è incuriosito, in particolare, da un aspetto di Bobi che risuona dento di lui in modo (quasi) ossessivo: perché questa persona coltissima, che incoraggiava poeti e scrittori alla creatività letteraria e alla pubblicazione, non ha scritto nulla di suo?

In questo percorso, che non fornisce risposte ma piuttosto crea domande, in generale sulla scrittura narrativa e sul suo valore, Del Giudice fa vivere al suo protagonista particolari esperienze riguardo alle immagini, all’immaginare, alle fotografie.

 

Seguendo il filo

Nelle primissime pagine del testo, lo scrittore colloca il suo personaggio in prossimità di un incontro con una anziana poetessa. L’io narrante si è fatto un’idea (un’immagine?) sulla persona tramite una descrizione di un commento fatto su di lei in gioventù. Sta per entrare nel cronicario dove è ricoverata, e sembra fare una pausa prima di entrare:

“Ho calcolato per l’ultima volta l’età della donna, e del resto è l’ultima volta che posso immaginarmela.”

Che cosa vuole dire lo scrittore? Che la realtà “uccide” l’immaginazione?

Andiamo avanti.

Un altro appuntamento programmato, questa volta si tratta di un uomo.  Si incontreranno in un caffè, quasi un ufficio per l’anziano signore che lo frequenta quotidianamente. Anche qui, prima di entrare nel locale, il protagonista fa una pausa.

“Proseguo fino ad una via più sopra; giro l’angolo, mi appoggio con le spalle al muro. Cerco di prendere più sole che posso. Non ho alcun pensiero, a parte la curiosità per l’uomo che vedrò fra poco, e per il modo in cui indubbiamente sarà diverso da come lo immagino.”

Quasi comico è un successivo incontro con “la signora dei sestanti”: la donna, in casa propria, ha una fotografia di Bazlen che vuole mostrare al protagonista, il quale sembra reagire come se gli avessero teso un agguato a tradimento:

“Lei mi è arrivata alle spalle, senza che la sentissi. Mi son voltato per complimentarmi dei sestanti. Non me l’aspettavo: ho la cornice d’argento quasi contro la giacca, e con dentro la fotografia”

 

 

Che cosa teme il protagonista? Perché tiene a distanza le immagini reali e fotografiche?

Dopo altre pagine, altri incontri ed altri esempi di “disperati tentativi” di allontanarsi dalle fotografie, il protagonista giunge al quartiere Wimbledon di  Londra, dove abita Ljuba Blumenthal, che ha vissuto accanto a Bazlen a lungo, soprattutto negli ultimi anni.

Ci avviamo verso la fine del libro, e si sente che “qualcosa è cambiato” nel rapporto fra realtà e immaginazione, fra fotografie e possibilità di immaginare.

“Mi fermo davanti alle polaroid di un’agenzia immobiliare, con villette del tutto uguali a quelle sulla strada. Immagino interni scuri (…)”

Le fotografie non sono più un ostacolo per l’immaginazione.

E neanche la realtà è opposta all’immaginario:

“C’è stato un momento – non molto lungo: sono entrato in casa, abbiamo detto le prime cose prendendo nota in silenzio dei particolari, per farci subito un’idea dell’altro – in cui tutto quello che avevo immaginato fino a un secondo prima si è semplicemente adeguato alla realtà, con l’abituale opportunismo della percezione.”

 

Un romanzo che documenta un percorso verso la scrittura narrativa

Mi piace pensare (immaginare) che questo libro racconti la storia di un percorso.

Un percorso che inizia con l’urgenza di alcune domande (Perché scrivere? E in che modo? Raccontare eventi, descrivere la realtà o seguire l’immaginazione?) e si snoda all’interno di una ricerca personale.

Quella a cui il protagonista approda è la possibilità di vedere come non  opposto all’immaginare. Si possono usare elementi di realtà, si possono osservare delle fotografie senza che ciò sia di ostacolo alla creatività. Anzi. Se tutto funziona, il rapporto fra realtà e immaginario, fra fotografia e immagine mentale si snoda in modo fluido e del tutto naturale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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3 Commenti

  1. barbara Mino

    Sempre molto stimolanti i tuoi articoli, grazie Roberta

    Rispondi
    • Roberta Portelli

      lieta di stimolare! E’ una delle attività che preferisco.
      Un caro saluto
      Roberta

      Rispondi
  2. MELBYE3576

    Thank you!!1

    Rispondi

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